Una promessa di futuro
di Francesca Ameglio, curatrice del Festival dell’Architettura di Colle di Val d’Elsa
Nei giorni del lockdown, l’emergenza sanitaria ci ha privato di un bene primario, su cui si fondano le nostre città. Oggi ci rendiamo conto di quanto sia importante fare comunità e quanto le strade e le piazze siano i luoghi che materializzano il senso profondamente umano e il bisogno degli uomini di stare insieme. Il distanziamento sociale obbligato si scontra inevitabilmente con il nostro istinto. Social network e altre forme di interazione digitale remota ci hanno già spostato verso questa distanza vivendo sempre di più nei nostri cellulari. Ma non abbastanza per colmare il vuoto che oggi stiamo sperimentando. Nell’incertezza e nello smarrimento di questi giorni ci siamo accorti che, nonostante tutto, abbiamo ancora bisogno l’uno dell’altro e le città sono il corpo fisico di questo bisogno. Piazze, strade e marciapiedi, negozi, bar e strutture pubbliche, come cinema e teatri, sono l’infrastruttura sociale che mette in contatto le persone e che forse da troppo tempo abbiamo trascurato per far spazio ad altro, prima di tutto dentro di noi. Usciti da questa crisi ci sarà da ripartire proprio da qui: dalla comunità e dagli spazi e i luoghi pubblici che sono il cuore pulsante delle nostre città e dove è possibile riscoprire senso civico e pensiero critico. Fare architettura parlando d’altro, raccontando storie che “costruiscono” prima di tutto relazioni e tessono trame sottili fra anime e competenze diverse. Recuperare la dimensione collettiva del progetto che dia un senso al nostro agire quotidiano è l’unica promessa di futuro. In questa dimensione collettiva risiede la liberazione dell’uomo e la felicità individuale. Quella felicità che Giovanni Michelucci ci invita a provare diventando angeli per cambiare il mondo e rendere i luoghi pieni di vita. Una riflessione più che mai attuale sul senso e sul ruolo etico, civile e morale dell’architettura e sulla necessità di modelli urbani più sostenibili e attenti a “far posto creando spazio”. Uno spazio piccolo che basta per un battito di ali. Questa crisi ci insegna tante cose e ci invita ad una rivoluzione culturale di coscienza e di conoscenza. Bisogna guardare in modo completamente nuovo al futuro e farlo con coraggio. Come ci raccontava un altro grande maestro, Enzo Tiezzi, ci vuole il coraggio dell’avventura, capace di aprire la porta e entrare in altre storie, storie di complessità e di incertezza, di scarsità e di indeterminazione. Storie non necessariamente brutte.